Testimonianza di Orlando Ruffini
L’amicizia e la collaborazione con Fra Mario è iniziata verso la metà degli anni Ottanta del Novecento, quando mi fu affidata la gestione della Biblioteca Egidiana. Non poteva essere diversamente, visto che Fra Mario quasi quotidianamente veniva in biblioteca o per consultare i libri o per portare notizie agostiniane che trovava su giornali e riviste.
Il suo desiderio di conoscere la storia dell’Ordine Agostiniano o quella dei luoghi scelti per i pellegrinaggi da organizzare lo spingeva continuamente a sfogliare libri e riviste. Con la sua incredibile memoria immagazzinava tutto, ma in particolare quegli aspetti che potevano accendere la curiosità dei suoi uditori. Pur non avendo frequentato studi superiori, la sua fine intelligenza gli permetteva di riordinare il tutto per offrirlo al momento opportuno in modo sistematico e convincente.
Ma la sua ricerca, nonostante l’assenza di una preparazione di base, si allargava anche ai campi della teologia e della spiritualità: partecipava di persona o per corrispondenza ai corsi di approfondimento per laici: teologia, Bibbia, morale, Padri della Chiesa. Un posto particolare lo dedicava al tema della evangelizzazione nei Santuari: partecipava a incontri tra i direttori dei Santuari e teneva corrispondenza con molti di essi. Un impegno di ricerca che lo ha trasformato in un vero “Pastore” delle anime che incontrava e un promotore di incontri di preghiera. Collaborava con i vari gruppi, senza confondersi con essi, perché, fedele alla sua professione, considerava come propria famiglia solo la comunità agostiniana. Per anni ho potuto godere di questo spirito, così convinto della vocazione abbracciata e allo stesso tempo aperto a tutte le altre vocazioni.
Ho partecipato a 2 pellegrinaggi romani da lui guidati. Incredibile la sua vivacità nell’esporre quanto aveva accumulato in tanti anni di ricerca: ogni angolo, quasi ogni pietra aveva la sua storia. Sempre sorridente, mai stanco! Pur avendo vissuto tanti anni a Roma, mai avevo visto le ricchezze che egli aveva presentato. E quando, dopo la sua morte, ho dato uno sguardo ai suoi appunti, raccolti in decine di quadernetti, ho compreso l’immenso lavoro di ricerca e raccolta che aveva fatto.
I suoi occhi brillavano di luce particolare quando scopriva qualcosa che considerava importante. Ricordo che un giorno, mentre in auto si andava a Roma per consegnare le bozze di una Guida del Santuario di S. Nicola, ebbi l’ispirazione di consegnare a lui le bozze perché desse un’occhiata. Dopo un po’ lo sento esclamare: “Ma questo è falso!” Si trattava di un dipinto considerato di pittore ignoto. Proseguì: “Si conosce l’autore, perché lui stesso ha scritto il nome sul bordo di uno scudo! E dello stesso autore esiste un altro dipinto in una chiesa di Roma”. L’affermazione fu poi confermata dallo storico dell’arte che aveva steso quel testo. Fra Mario, mentre faceva le pulizie della cappella, aveva osservato la firma di quel pittore, di cui poi, in uno dei tanti pellegrinaggi, aveva individuato un’altra opera in una chiesa romana.
In tante circostanze, nonostante i mezzi di ricerca di cui disponevo, trovavo più facile trovare la soluzione chiedendo a Fra Mario: sia per esperienza personale che in forza di quanto aveva letto, aveva sempre la risposta giusta. E nel campo dell’arte, a forza di studiare, vedere e confrontare, si era formato un istinto di valutazione che destava meraviglia anche presso i grandi esperti che frequentavano il Santuario.
Naturalmente seguiva con entusiasmo le iniziative che la biblioteca prendeva per illustrare il Santuario che considerava la sua casa: dai Convegni sul Cappellone del 1991 e 1992, a quelli del 1999, 2005 e 2005 per il VII Centenario di S. Nicola. La sua vicinanza era di grande conforto e di stimolo ad andare avanti.
Ho potuto ammirare la serenità e l’equilibrio con cui affrontava tutti i momenti, anche critici, della vita del Santuario, sempre pronto ad offrire il suo prezioso contributo.
Fino all’ultimo, al 2 aprile 2006, quando fu inaugurato il portone di bronzo della Basilica, che aveva seguito con grande emozione.
Due giorni prima della morte sono andato a trovarlo nella sua camera, dove stava affrontando l’ultima battaglia. Ero emozionato e provavo la chiara sensazione di essere vicino ad una persona speciale. Ero solo. Mi sono avvicinato, gli ho preso la mano e sussurrando gli ho chiesto di pregare per me: con una mossa improvvisa e inspiegabile me l’ha stretta e baciata! Forse un cenno che aveva compreso e accolto la preghiera.